Abbey Mills e altre stazioni di pompaggio – In un museo di Londra c’è un macchinario gigantesco: è il più grande motore a vapore del mondo e pesa 1000 tonnellate. Dicono che sia stato costruito nel 1926. Come si può vedere, l’acciaio qui si spreca, e quindi ecco la prima domanda. Se è stato costruito solo il secolo scorso, perché si è preferito costruire un motore a vapore, utilizzando quantità enormi di ferro, per aspirare acqua, quando si poteva risolvere tutto con l’energia elettrica e delle pompe più piccole ma ugualmente potenti? E ancora, perché ricorrere a tecnologie degne della seconda Rivoluzione Industriale, cioè ingranaggi desueti e ingombranti? Siamo sicuri che questo mastodontico aggeggio non fosse parte dell’eredità di una civiltà avanzata precedente, il cui percorso tecnologico aveva preso altre strade? Ma questo motore non è che un esempio in un discorso più ampio che ci porta alle stazioni di pompaggio inglesi. Alcune delle più famose sono senz’altro quella di Abbey Mills e Crossness, che pare siano state costruite negli anni intorno al 1860. Partiamo dalla prima. Le stesse parole “Abbey”, che significa “abbazia” e “Mill”, che significa “mulino”, ma anche “stabilimento”, sono pertinenti al sito, perché sottolineano un legame fra la forma della struttura (colonne, fregi, capitelli) con la tecnologia racchiusa (bielle, pulegge, pistoni, etc.). In questo edificio, il passato, rappresentato dalle cattedrali gotiche, non sembra più tanto lontano, infatti si fonde con una necessità moderna, in questo caso un sistema di drenaggio delle acque reflue. Questa stazione è una prova di come un’unica visione architettonica abbia influenzato sia le cattedrali che l’edilizia per i servizi, soprattutto per l’utilizzo di colonne, lisce o scanalate, di pietra o di ferro, in entrambi i contesti. Evidentemente, erano in possesso dei macchinari in grado di produrle in serie. E’ evidente che le caratteristiche interne di queste stazioni riportino alle chiese e ai monasteri, così come gli esterni e le cupole sovrastanti si collegano a centinaia di altri edifici nelle città europee. Apro una parentesi: queste cupole, o campane, sono oggetto di ricerche e meritano un capitolo a parte, poiché c’è chi sostiene che contenessero dispositivi atti a intercettare l’energia elettrica libera nell’aria. Insomma, ritornando alle stazioni di pompaggio, abbiamo una tecnologia già moderna, fatta di parti meccaniche come le ruote enormi, gli stantuffi, le barre e le manovelle, in vesti e colori esteticamente gratificanti. Con una ammirevole attenzione ai particolari. Un’architettura di servizio unita alla bellezza, o non ancora separata dalla bellezza, cosa che avverrà nella società successiva, la nostra, quella del profitto a tutti i costi. La stazione di Crossness è una piccola cattedrale della tecnica, ancora pervasa da un senso religioso che ai nostri occhi moderni stona con la funzione del posto, che era quella di smaltire le acque fognarie. Inoltre i colori con prevalenza di smalto verde rimandano al colore verde Tartaria di un mio precedente video. E che dire delle barre e delle pulegge ottenute con una sola colata di acciaio fuso? In quali fonderie si riusciva a sagomare questi ingranaggi? Ci troviamo di fronte a oggetti fatti per durare; non c’è traccia di obsolescenza programmata. Si avverte l’idea di un servizio reso alla comunità, una concezione umanistica della meccanica. Altre stazioni inglesi presentano le stesse caratteristiche: Staines, Coleham, Bracebridge. Mentre le alte torri in mattoni rossi rimandano alle stazioni di un’altra importante capitale europea, Berlino, il cui complesso di 12 stazioni di pompaggio, detto Radialsystem, è datato 1878. La mia personale conclusione è questa: Londra e tutto il mondo avevano raggiunto un grado di progresso avanzato ma in quegli anni è successo qualcosa che ha azzerato tutto. Si è dovuto ricominciare. Molti macchinari del periodo precedente sono stati restaurati ma poi sono andati presto in disuso, poiché non si è voluto ripercorrere le stesse strade di prima, anche in termini di bellezza e religiosità.

